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BOLIVIA. IO, PRESIDENTE, SEQUESTRATO IN EUROPA

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di Evo Morales (Presidente della Bolivia)

Fonte: Le Monde Diplomatique, 6 Agosto 2013

Tratto da: http://www.interet-general.info/spip.php?article18649&cs=print

 

 

La rivelazione da parte di Edward Snowden della natura perniciosa dello spionaggio americano ha suscitato solo fredde reazioni da parte dei dirigenti europei, i quali, in compenso, non hanno esitato a bloccare l’aereo del presidente boliviano Evo Morales, sospettato di trasportare l’esperto informatico in fuga.

Il 2 Luglio 2013 si è verificato uno degli episodi più insoliti del diritto internazionale: il divieto all’aereo presidenziale dello Stato plurinazionale della Bolivia si sorvolare i territori francese, spagnolo, italiano e portoghese, poi il mio sequestro all’aeroporto di Vienna (Austria) per quattordici ore.

Diverse settimane dopo, questo attentato alla vita dei membri di una delegazione ufficiale, commesso da Stati considerati democratici e rispettosi delle leggi, continua a sollevare indignazione, abbondando le condanne di cittadini, di organismi sociali, internazionali e di governi in tutto il mondo.

 

 

CHE COSA E’ SUCCESSO?

Mi trovavo a Mosca, alcuni istanti prima dell’inizio di una riunione con Vladimir Putin, un collaboratore mi ha avvertito di difficoltà tecniche: impossibile recarci in Portogallo come inizialmente previsto. Intanto, mentre volge al termine il mio colloquio col presidente russo, è già chiaro che il problema non ha nulla di tecnico…

 

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Da La Paz, il nostro ministro per gli affari esteri, M. David Choquehuanca, riesce a organizzare uno scalo a Las Palmas de Gran Canaria, in Spagna, e a far approvare un nuovo piano di volo. Tutto sembra a posto, ma mentre siamo in volo, il colonnello dell’aviazione Celiar Arispe, che comanda il gruppo aereo presidenziale e pilota l’aereo quel giorno, viene da me: “ Parigi ci revoca la sua autorizzazione di sorvolo! Non possiamo penetrare nello spazio aereo francese “. Il suo stupore era pari alla sua preoccupazione: eravamo sul punto di passare sopra l’Esagono (termine col quale si definisce la Francia per la sua forma esagonale, ndt.).

Potevamo ovviamente tornare in Russia ma correvamo il rischio di restare senza carburante. Il colonnello Arispe si è quindi messo in contatto con la torre di controllo dell’aeroporto di Vienna per chiedere l’autorizzazione ad effettuare un atterraggio urgente. Ringrazio qui le autorità austriache per aver dato la loro autorizzazione.

Sistemato in un piccolo ufficio dell’aeroporto che era mi era stato messo a disposizione, stavo conversando col mio vice-presidente, M. Alvaro Garcia Linera e con M. Choquehuanca per decidere sul seguito degli eventi e, soprattutto, tentare di capire le ragioni della decisione francese, quando il pilota mi informa che anche l’Italia ci rifiutava l’entrata nel suo spazio aereo.

 

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E’ in quel momento che ricevo la visita dell’ambasciatore spagnolo in Austria, M. Alberto Carnero. Questi mi informa che un nuovo piano di volo era stato appena approvato per dirigermi in Spagna.

Solo, dice lui, che dovrà prima di tutto ispezionare l’aereo presidenziale. Si tratta addirittura di una condizione insindacabile per la nostra partenza verso Las Palmas de Gran Canaria.

Quando gli chiedo le ragioni di questa esigenza, il Sig. Carnero tira fuori il nome di Edward Snowden, quell’impiegato do una società americana alla quale Washington affida certe sue attività di spionaggio. Gli risposi che lo conoscevo solamente per aver letto di lui sulla stampa. Ho anche ricordato al diplomatico spagnolo che il mio paese rispettava le convenzioni internazionali: in nessun caso avrei tentato di estradare qualcuno verso la Bolivia.

Il Sig. Carnero era in costante contatto col sotto-segretario agli affari esteri, Rafael Mendivil Peydro, il quale, evidentemente, gli chiedeva di insistere. “ Lei non ispezionerà l’aereo “  – dovetti dirgli chiaro e tondo – “ se Lei non crede a ciò che Le dico, significa che Lei considera un bugiardo il presidente dello Stato sovrano della Bolivia “.  Il diplomatico esce per prendere le disposizioni dal suo superiore e poi rientra. Mi chiede allora di invitarlo “a prendere un caffè nell’aereo”. “ Ma Lei mi prende per un delinquente? “ – gli chiedo – “ Se Lei ci tiene ad entrare in questo aereo, lo dovrà fare con la forza. E io non resisterò ad un’operazione militare o di polizia perché non ne ho i mezzi “.

Avendo sicuramente preso paura, l’ambasciatore scarta l’opzione della forza, ma non senza precisare che, in queste condizioni, non potrà autorizzare il nostro piano di volo: “ Alle 9 del mattino Le diremo se può partire o meno. Fino ad allora discuteremo con i nostri amici “ mi dice. “ Amici? Ma chi sono questi amici della Spagna a cui fate riferimento ? La Francia e l’Italia senza dubbio? “. Si rifiuta di rispondermi e si ritira.

Ne approfitto per discutere con la presidentessa argentina Cristina Fernandez, un eccellente avvocatessa che mi guida sulle questioni giuridiche, ed anche con i presidente venezuelano ed ecuadoregno Nicolàs Maduro e Rafael Correa, entrambi preoccupati nei nostri confronti. Il presidente Correa mi richiamerà più volte durante il giorno per avere mie notizie. Questa solidarietà di da forza: “ Evo, non hanno alcun diritto di ispezionare il tuo aereo! “ continuano a ripetermi. Non ignoravo infatti che un aereo presidenziale gode dello stesso statuto di un’ambasciata.

Ma questi consigli e l’arrivo degli ambasciatori dell’Alleanza boliviana per i popoli della nostra America (ALBA) (1) decuplicano ma mia determinazione a mostrarmi irremovibile. No, noi non offriremo alla Spagna o qualsiasi altro paese, tantomeno agli Stati Uniti, la soddisfazione di ispezionare il nostro aereo. Difenderemo la nostra dignità, la nostra sovranità e l’onore della nostra patria, la nostra grande patria, Mai accetteremo un simile ricatto.

L’ambasciatore spagnolo rifà la sua comparsa. Preoccupato, agitato e nervoso mi fa sapere  che finalmente dispongo di tutte le autorizzazioni e che posso partire. Finalmente decolliamo.

Questo divieto di volo, decretato in modo simultaneo da quattro paesi e coordinato dalla Central Intelligence Agency (CIA) nei confronti di un paese sovrano col pretesto che forse stavamo trasportando il Sig. Snowden, chiarisce il peso politico della principale potenza imperialista: gli Stati Uniti.

 

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Fino al 2 Luglio (data del nostro sequestro), tutti noi capivamo che gli Stati si dotano di agenzie di sicurezza al fine di tutelare il loro territorio e la loro popolazione. Ma Washington ha passato il limite del concepibile. Violando tutti i principi della buona fede e le convenzioni internazionali, ha trasformato una parte del continente europeo in un territorio colonizzato. Un insulto ai diritti umani, una delle conquiste della Rivoluzione Francese.

Lo spirito coloniale che ha portato a sottomettere in questo modo diversi paesi dimostra ancora una volta che l’impero non tollera alcun limite, né legale, né morale, né territoriale. E’ oramai chiaro agli occhi del mondo intero che, per una potenza simile, ogni legge può essere trasgredita, ogni sovranità violata, ogni diritto umano ignorato.

La potenza degli Stati Uniti è rappresentata sicuramente dalle loro forze armate, implicate in varie guerre d’invasione e sostenute da un complesso militare-industriale fuori dal comune. Le tappe dei loro interventi sono ben note: dopo le conquiste militari, l’imposizione del libero scambio, di un singolare concetto della democrazia e, alla fine, la sottomissione dei popoli alla voracità delle multinazionali. I segni indelebili dell’imperialismo, che sia militare o economico,  deturpano l’Irak, l’Afghanistan, la Libia, la Siria. Paesi alcuni dei quali sono stati invasi perché si sospettava che detenessero armi di distruzioni di massa o di ospitare organizzazioni terroriste. Paesi dove migliaia di esseri umani sono stati uccisi senza che la Corte Penale Internazionale intenti la benché minima causa.

Ma la potenza americana proviene anche dai dispositivi sotterranei destinati a divulgare la paura, il ricatto e l’intimidazione. Fra i tanti modi che Washington utilizza volentieri per mantenere il suo statuto: la “punizione esemplare”, nel più puro stile coloniale che aveva portato alla repressione degli Indiani di Abya Yala (2). Questa oramai si abbatte sulle popolazioni che hanno deciso di liberarsene e sui dirigenti politici che hanno deciso di governare per gli umili. La memoria di questa politica della punizione esemplare è ancora viva in America Latina: si pensi ai colpi di stato tentati contro Hugo Chavez in Venezuela nel 2002, contro il presidente honduregno Manuel Zelaya nel 2009, contro M. Correa nel 2010 in Ecuador, contro il presidente paraguayano Fernando Lugo nel 2012 e anche contro il nostro governo nel 2008, sotto la guida dell’ambasciatore americano in Bolivia Philip Goldberg (3). “ L’esempio “ affinché le popolazioni indigene, gli operai, i contadini e i movimenti sociali non osino rialzare la testa contro le classi dominanti. “L’esempio” può far piegare coloro che resistono e terrorizzare gli altri. Ma un “esempio” che porta ormai gli umili del continente e del mondo intero a raddoppiare i loro sforzi di unità per rafforzare le loro battaglie.

 

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L’attentato del quale siamo stati vittime svela i due volti di una medesima oppressione contro la quale i popoli hanno deciso di ribellarsi: l’imperialismo e il suo gemello politico e ideologico, il colonialismo. Il sequestro di un aereo presidenziale e del suo equipaggio, cosa che si riteneva impensabile nel 21° secolo, dimostra la sopravvivenza di una forma di razzismo in seno a certi governi europei. Per essi, gli Indiani o i processi democratici o rivoluzionari nei quali sono impegnati, rappresentano degli ostacoli sulla via della civilizzazione. Questo razzismo si rifugia oramai nell’arroganza e nelle spiegazioni “tecniche” più ridicole per mascherare una decisione politica nata in un ufficio di Washington. Ecco quindi dei governi che hanno perso persino la capacità di riconoscersi colonizzati e che tentano di tutelare la reputazione del loro padrone.

Chi dice impero dice colonie. Avendo optato per l’obbedienza agli ordini che venivano loro impartiti, alcuni paesi europei hanno confermato il loro statuto di paese sottomesso. La natura coloniale del rapporto tra Stati Uniti e l’Europa si è rafforzata dall’epoca degli attentati dell’11 Settembre 2011 ed è stata completamente svelata nel 2004 quando si è saputo dell’esistenza di voli illegali di aerei militari americani che trasportavano dei presunti prigionieri di guerra verso Guantanamo o verso prigioni europee. Oggi sappiamo che questi presunti “terroristi” erano sottomessi alla tortura; una realtà che anche le organizzazioni di difesa dei diritti umani tacciono molto spesso.

La “guerra contro il terrorismo” avrà ridotto la vecchia Europa al rango di colonia; un atto nemico, ostile, che si può analizzare come una forma di terrorismo di Stato, in quanto consegna la vita privata di milioni di cittadini ai capricci dell’impero.

Ma l’affronto al diritto internazionale che il nostro sequestro rappresenta costituirà probabilmente un punto di rottura. L’Europa ha dato alla luce le idee più nobili: libertà, uguaglianza, fratellanza. Essa ha ampiamente contribuito al progresso scientifico, all’emergere della democrazia. Ora non è altro che l’ombra di se stessa: un neo-oscurantismo minaccia i popoli di un continente che, qualche secolo fa, illuminava il mondo con le sue idee rivoluzionarie e suscitava la speranza.

Il nostro sequestro potrebbe offrire a tutti i popoli e governi dell’America Latina, dei Caraibi, dell’Europa, dell’Asia, dell’Africa e dell’America del Nord l’occasione unica di formare un blocco solidale condannando l’atteggiamento indegno degli Stati coinvolti in questa violazione del diritto internazionale. Si tratta anche di una buona occasione per rafforzare le mobilitazioni dei movimenti sociali in vista della costruzione di un mondo diverso, di fratellanza e di complementarietà. Conviene a tutti i popoli costruirlo.

Siamo certi che i popoli del mondo, particolarmente quelli europei,  sentano l’aggressione della quale siamo stati vittime come tale anche nei loro confronti. Noi interpreteremo la loro indignazione come un modo indiretto di presentarci le scuse che ci rifiutano sempre alcuni dei governi responsabili. (4)

 

 

 

NOTE:

1 – di cui sono membri Antigua e Barbuda, Bolivia, Cuba, Ecuador, Nicaragua, Repubblica Dominicana, Saint-Vincent e le Grenadine e il Venezuela. (tutte le note sono della redazione)

2 – nome dato dalle etnie Kunas di Panamà e della Colombia al continente americano prima dell’arrivo di Cristoforo Colombo. Nel 1992 questo nome è stato scelto dalle nazioni indigene d’America per designare il continente.

3 – su questi diversi eventi, consultare il dossier “Honduras” sul nostro sito e leggere Maurice Lemoine. “Etat d’exception en Equateur”. La valise diplomatique, 1° Ottobre 2010, e Gustavo Zaracho, “ Il Paraguay ripreso nelle mani dell’oligarchia”. La valise diplomatique, 19 Luglio 2012, www.monde-diplomatique.fr . Hernando Calvo Ospina, “ Piccolo compendio di destabilizzazione in Bolivia “. Le Monde Diplomatique, Giugno 2010

4 – Madrid, Parigi e Roma hanno presentato scuse ufficiali a La Paz

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