In un tweet il presidente iraniano Hassan Rohani mostra tutta la sua soddisfazione affermando che “il voto del popolo iraniano per la moderazione e l’impegno costruttivo e gli instancabili sforzi da parte dei team negoziali apriranno nuovi orizzonti”. A notte fonda, nel frattempo, arriva il tanto atteso annuncio. “Abbiamo raggiunto un accordo”, queste sono le parole del Ministro degli Esteri iraniano Mohammad-Javad Zarif.
L’Iran e il gruppo dei 5+1 sono riusciti a trovare un’importante intesa sulla questione nucleare. Una faticosa mediazione che è stata portata avanti per tanti mesi, come poi ha confermato lo stesso capo della diplomazia persiana aggiungendo tra l’altro: “Abbiamo detto chiaramente che l’Iran non aveva problemi a parlare con tutte le controparti per trovare la soluzione alla questione nucleare”.
Entriamo allora un po’ più nel dettaglio di questo accordo di un’iniziale durata di sei mesi, che possiamo definire di “prova”, prima di poter approdare ad una conclusione definitiva. Tra le misure adottate per rallentare il programma nucleare, c’è quella di neutralizzare l’uranio già arricchito al 20%, soglia utile per fini bellici, riconvertendolo o diluendolo fino al 5 percento. Nell’accordo la comunità internazionale concede, infatti, a Teheran di continuare ad arricchirlo, ma fino al 5 percento, in modo da mantenerlo al di sotto dell’indice necessario per la costruzione di ordigni nucleari.
Altri punti dell’intesa riguardano lo stop all’aggiunta di altre centrifughe e la sospensione dei lavori al reattore di Arak, che in caso di costruzione è in grado di produrre plutonio utilizzabile per la produzione di armi atomiche. Inoltre dovrà essere garantita una maggiore collaborazione con gli ispettori dell’AIEA, ai quali sarà permesso di controllare i siti di Natanz e Fordow, oltre a poter ispezionare gli impianti di produzione delle centrifughe e le miniere di uranio.
In cambio però, sempre secondo l’accordo di Ginevra, saranno sbloccati per l’Iran circa 4,2 miliardi di dollari in valuta straniera, provenienti dalla vendita di greggio e depositati in buona parte presso banche asiatiche da cui il governo Rohani non ha potuto attingere a causa delle sanzioni imposte. In più, è stata concessa una gestione semplificata dei suoi fondi per gli aiuti umanitari. Sanzioni sospese invece per il commercio di prodotti petrolchimici, metalli preziosi e oro. Altra importante sospensione riguarderà l’industria dell’auto e una diminuzione delle componenti di aerei e il permesso di vendere petrolio per evitare un’ ulteriore flessione dell’export. Sarà in ultimo consentito l’acquisto di apparecchiature mediche senza limite, a patto che siano effettuati da società riconosciute a livello internazionale.
Una buona soluzione nel complesso, se si pensa che vi è stato anche il divieto di vendere al Paese, nel corso di questi ultimi tempi, armi pesanti e tecnologie legate al nucleare e al gas naturale ed erano state congelate, inoltre, le attività di import di petrolio iraniano e quelle all’estero della Banca centrale iraniana.
Soddisfatto per un tale esito anche il presidente Obama il quale ha dichiarato: “Si tratta di un primo importante passo verso un accordo generale, evitando la corsa all’uso della forza. Oggi la diplomazia ha aperto una nuova strada per rendere più sicuro il mondo”. Un po’ di disappunto, invece, è trapelato dalle parole del premier israeliano Benjamin Netanyahu: “Si tratta di un accordo cattivo con cui l’Iran ha ottenuto esattamente quanto voleva: un alleviamento sostanziale delle sanzioni e il mantenimento di componenti importanti del proprio programma nucleare”.
Un confronto militare sembrerebbe scongiurato in questo momento. Si profila un clima più disteso, non solo a livello internazionale, ma anche nella stessa nazione iraniana. Tutte le parti politiche e la pubblica opinione sono soddisfatte per questa intesa. Anche la Guida Suprema, l’ayatollah Khamenei, dopo aver palesato più volte, per tutto il corso dei negoziati, una certa diffidenza, ora si compiace dell’accordo raggiunto a Ginevra attribuendolo “alla grazia di Dio e alle preghiere della nazione iraniana”.
Negli USA, invece, Obama deve fronteggiare il malumore di una parte del Congresso, oltre quello di Paesi come l’Arabia Saudita e Israele, i quali denunciano come “pericolosa” ed eccessiva una tale apertura della diplomazia a stelle e strisce.
Il risultato raggiunto è di grande importanza. Per i persiani è fondamentale uscire da quella sorta di isolamento diplomatico e non solo nel quale erano finiti . Un Iran normalizzato è certamente un fattore cruciale di stabilizzazione di tutto il sud-ovest asiatico. Per i nordamericani è probabilmente uno dei più importanti obiettivi centrati, a livello di politica estera, dell’ultimo governo.
Una nota negativa sicuramente è legata alla “assenza” in questa questione della diplomazia italiana. Il Belpaese ha deciso di non essere coinvolto nei negoziati, nonostante i buoni rapporti e i solidi rapporti commerciali esistenti da circa cinquant’anni con Teheran. L’accordo di Ginevra comunque durerà sei mesi. Un passo importante è stato fatto, con l’auspicio di percorrere sempre di più una strada che porti verso una definitiva distensione. Sperare si può.
*Giuseppe Perrotta è laureato in Giurisprudenza presso l’Università del Sannio